Mutui USA: il 2010 si chiude con un calo, ma…

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Non se la passa bene il mercato immobiliare statunitense, costretto ancora una volta a segnalare una brusca frenata alla voce compravendite. Del resto, la crisi dell’economia mondiale (nata come crisi finanziaria e trasferitasi alla svelta sull’economia reale, che ancora ne sta pagando le conseguenze) è esplosa proprio sulla scia delle difficoltà dei mutuatari americani nell’onorare le rate del mutuo da essi stessi acceso quando sembrava che il sistema funzionasse alla grande, anzi fosse al massimo delle proprie possibilità (la famosa vicenda dei “Mutui Subprime”, accesi anche se non si era nelle condizioni di poterli onorare); la storia di questi ultimi due anni ci insegna che non è stato proprio così, ma indipendentemente da questo vogliamo dire che è preventivabile una maggiore difficoltà a carico di quell’economia, e stiamo parlando dell’economia americana, che tutto ha generato e dove tutto deve tornare al proprio posto anche prima rispetto a quanto avviene altrove.

Introduzione doverosa a quella che deve essere la vera notizia del giorno, ossia il crollo del 19% alla voce “richieste di mutuo ipotecario negli Stati Uniti”. La novità non deve aver fatto piacere ai costruttori, ancora alle prese con l’onda lunga dello tsunami che ha cambiato (almeno in parte) il volto dell’economia nei Paesi più avanzati, però può essere interpretata sotto un’altra luce se si considera che il calo è dovuto ad una fiammata degli interessi applicati ai prestiti trentennali, un sintomo –questo, invece- di una migliore salute del mercato (basti pensare che il tasso medio sui mutui trentennali è salito al 4,85%, toccando i massimi da maggio scorso).

Si tratta, comunque, della peggiore flessione registrata dalle compravendite immobiliari nel 2010, benché ci siano alcuni aspetti da tenere presenti. Ad esempio il fatto che il calo delle richieste di nuovi mutui sia solo del 2,5%, dal momento che sono state le domande di rifinanziamento a trascinare l’intero quadro verso il basso, con un taglio del 25%. In sostanza, insomma, gli americani non hanno smesso di comprare casa, ma solo di sistemare la propria situazione debitoria chiedendo di fare ricorso a nuovi finanziamenti necessari per ovviare ad una situazione in cui gli investimenti erano molto più onerosi.