Mutui: raccolta, loan-to-value e giustizia inefficiente alla base della crescita dei costi

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Sorpresa: se la crisi dell’economia reale sembra aver sconvolto un po’ tutte le abitudini di vita dei risparmiatori d’America ed Europa, a quanto pare nulla ha cambiato invece per quanto riguarda i mutui. È quanto emerge dal secondo numero dei “Temi di Economia e Finanza” del Centro Studi e Ricerche Abi, secondo cui “non sembra potersi affermare che la crisi finanziaria internazionale abbia in via generale impattato direttamente sui criteri applicati dall’industria bancaria europea per la definizione delle condizioni economiche applicate sui mutui”. Questo però non significa che mutui e crisi debbano essere considerati, da ora in avanti, due argomenti che viaggiano su binari separati…

Tre; tante sembrano essere le variabili che determinano l’incidenza dei tassi sui mutui. Costo della raccolta, rapporto tra ammontare del finanziamento e valore della casa, inefficienza della giustizia civile: sono questi i principali fattori all’origine dell’aumento dei costi applicato ai mutui. Perché se è vero che gli interessi applicati sono ai minimi storici, è altrettanto vero che i mutuatari italiani potrebbero anche spendere meno per la rispettiva soluzione di finanziamento e invece sono costretti a tenere conto di alcune storture nel sistema che li costringono a corrispondere una “tassa occulta” e alquanto ponderosa.

Il punto di maggior rilievo è che il costo della raccolta incide sul livello dei tassi sui mutui. Un altro fattore rilevante è il rapporto tra l’ammontare del finanziamento e il valore della casa (loan-to-value): la maggiore rischiosità di quei finanziamenti per cui il valore della garanzia è più contenuto comporta un inasprimento delle loro condizioni economiche. Ultimo assunto, emerso dall’indagine, è l’inefficienza della giustizia civile, che fa crescere i costi connessi con le procedure giudiziarie necessarie per far valere il credito vantato. La prima e più importante contromisura potrebbe venire dal rigore che il G20 ha scelto di imporre ai bilanci pubblici: è da esso infatti che dipende l’andamento dei tassi di interesse a lungo termine. Riusciremo a vederne gli effetti o resterà una delle molte lettere morte?