Mutui: 2009 in calo, ripresa da ottobre; agli italiani piace variabile

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Il malato è ancora debole, ma ha ripreso a camminare; il degente si alimenta da solo, benché sia meglio evitargli lo sforzo di cibi difficilmente digeribili, e deve comunque continuare a prestare attenzione ai sintomi, qualora dovessero insorgere di nuovo. Il quadro clinico, comunque, induce ad un moderato ottimismo. Usciamo dalla metafora e parliamone chiaramente: il bilancio dei mutui in Italia rimane negativo anche a fine 2009, ma il tracollo del 2008 ha lasciato spazio a numeri meno crudeli e – anzi – si comincia ad intravvedere la luce alla fine del tunnel. I dati elaborati dall’Osservatorio Assofin parlano chiaro: anche lo scorso anno c’è stato un calo delle erogazioni nell’ordine del 6,8%.

Ma il fatto che l’anno precedente il dato fosse un -14,4% e che il quarto trimestre 2009 si sia chiuso in territorio fortemente positivo (+20%) lascia ben sperare gli analisti, convinti che questi siano segnali di un’eloquente ripresa (benché tutta da confermare) oltreché di una reazione veemente e finalmente consapevole da parte dei risparmiatori italiani. Certo, scendendo nel dettaglio si possono fare scoperte ancora più interessanti benché forse meno sensazionali: è vero, infatti, che i dati dell’ultimo trimestre di rilevazione segnalano un’inversione di rotta, ma è vero anche che essi sono “drogati” dall’ampio ricorso a surroghe, mutui di sostituzione, di ristrutturazione e di liquidità.

Detto tutto questo, ci sono secondo noi almeno altri due aspetti da prendere in considerazione: i finanziamenti al 100% del valore dell’immobile stanno divenendo vere e proprie mosche bianche del mercato, che si è contratto su percentuali più facilmente gestibili e molto meno rischiose di quanto non siano state fino ad un recente passato. Nel 2009, solo il 5% dei flussi erogati ha un importo che copre l’intero valore dell’immobile contro il 10% nel 2008 e l’11% nel 2006 e 2007. In secondo luogo, il tasso variabile è divenuto la formula più gettonata, scelta dal 48% dei contraenti sul traino dell’opzione “variabile con cap”, un tetto massimo che garantisce una certa tranquillità al risparmiatore. Il tasso fisso crolla invece dal 72 al 38 per cento.