Verona e i mutui: poche sospensioni, quante rinegoziazioni!

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Una tra le caratteristiche del mercato che da sempre ci sorprende più di altre è la sua capacità di autoregolarsi. Certo, interventi di indirizzo sono necessari e comunque vincolanti per molti, ma è davvero affascinante constatare come, ad una data situazione, consumatori e risparmiatori (che poi sono le stesse persone, e formano il mercato) reagiscano più o meno nello stesso modo, mettendo in luce un trend che poi le aziende e le banche studiano e cercano di assecondare (naturalmente per trarne profitto). Se analizziamo il caso italiano, possiamo accorgerci di differenze regionali nel settore produttivo e quindi anche nella risposta a situazioni di difficoltà. Vediamo come Verona e la sua provincia hanno reagito alla crisi partendo dal versante dei mutui.

Poche sospensioni, ma molte rinegoziazioni. Sono già nell’ordine delle migliaia i veronesi che hanno chiesto agli istituti di credito di cambiare le condizioni per riuscire a pagare rate più leggere. È questa la situazione che emerge dal Crevv, la Cabina di Regia sull’economia Veronese organizzata dal presidente della Provincia, Giovanni Miozzi, dove le banche sono state chiamate a dare una lettura della crisi economica e delle risposte date alla stessa dalla popolazione veneta. Romano Artoni, direttore commerciale per il Triveneto di UniCredit, ha comunicato ad esempio il numero di richieste pervenute al suo istituto di credito da parte di famiglie veronesi che non riescono più a pagare le rate del mutuo sulla prima casa.

UniCredit ha già praticato una moratoria molto simile a quella prevista su scala nazionale, ma non ha trovato terreno fertile a Verona e provincia: “La misura più radicale è la sospensione delle rate del mutuo per dodici mesi. Su questa iniziativa abbiamo solo duecento richieste su un totale di 20mila famiglie. Le rinegoziazioni, però sono state tante di più: ben 2.500”. Pesa in particolare la realtà economica del veronese, votata all’export e perciò caduta in una crisi profonda perché a investimenti già programmati non è corrisposto un rientro adeguato proprio a causa dello stallo dei mercati internazionali.