Mutui, insolvenze in crescita: le categorie più a rischio

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Ieri abbiamo “smontato”, speriamo con efficacia e chiarezza, il “mito” del 5% degli italiani a rischio insolvenza sul mutuo: sono solo lo 0,64%, e i dati si riferiscono al 2007 (quindi ad un periodo pre-crisi, ossia quando la disoccupazione era meno incisiva ma anche quando l’Euribor aveva raggiunto il proprio massimo storico). Però non possiamo nasconderci che una difficoltà esiste, anche se la sua misura è ridotta rispetto a quella strombazzata dalle principali testate giornalistiche. Le famiglie che non riescono a fare fronte al pagamento delle rate del mutuo sono in aumento, e contestualmente sono cresciuti i pignoramenti con percentuali di aumento anche a due cifre.

C’è chi “lo sceglie” per non acquistare un’abitazione dal valore di mercato decisamente più basso rispetto a quanto annotato in perizia (non dimentichiamo che arriviamo da una bolla speculativa) e c’è –di più- chi invece ne viene toccato per perdita di potere d’acquisto, mediamente dovuta alla perdita del lavoro o alla sua insostenibile precarizzazione. Segnaliamo un dato in controtendenza rispetto a quanto i più potrebbero immaginare, e anche noi avevamo creduto: non sono i giovani a trovare difficoltà nel rispetto del piano di ammortamento, dacché se non se lo possono permettere mediamente evitano di acquistare una casa di proprietà accendendo un mutuo; sono invece i nuclei con un capofamiglia tra i 45 e i 54 anni (6,1% è la percentuale di insolvenza, contro il 2,8% degli under-35).

Questo è possibile perché, a fronte di una maggiore precarietà, nel giovane vi è anche una più elevata malleabilità che gli consente di meglio rispondere alle nuove esigenze del mondo del lavoro e mediamente trovarne un altro anche adattandosi a qualche nuova mansione; cosa, il reinventarsi, che per un individuo che si avvia verso l’età della pensione è decisamente più difficile, anche perché non sono molte le aziende che vogliono investire su queste situazioni. Altre categorie a rischio sono i disoccupati, i genitori-single con figli, i precari con un contratto temporaneo e le persone a basso reddito.