Mutui, il tasso fisso riprende piede

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Il vento sta cambiando, eppure non tutti se ne sono già accorti. Tanto che si continuano ad accendere mutui a tasso variabile anche se, magari, la situazione lo sconsiglia. Del resto, l’ignoranza è una colpa e ci sono anche, ancora, banche pronte ad approfittare della situazione per suggerire piani di investimento non del tutto in linea con il reddito delle famiglie che ne fanno richiesta, in nome della logica del fatturato. Proviamo allora noi a mettere un po’ di ordine: il dilemma tra mutuo a tasso fisso o soluzioni a tasso variabile è a una svolta epocale, anche se sono trascorsi solamente sei mesi dalla precedente situazione: con una differenza tra i due tassi pari al 2,3%, contro una media ad inizio anno che arrivava a sfiorare il 3,5%, deve tornare in voga il fisso, che pure in Primavera non superava la quota del 20% delle erogazioni complessive.

Sebbene persistano differenze abbastanza significative di importo della rata (per un mutuo a tasso variabile della durata di 20 anni per 120.000 euro la rata è di 607 euro al mese mentre per il tasso fisso sale a 745 euro), c’è da tenere presente che il tasso fisso mette al riparo da possibili sensibili incrementi dell’Euribor, e dunque del tasso variabile, previsti dagli analisti a partire dal prossimo anno.

Questo perché in Italia c’è una platea sempre crescente di redditi mediamente più bassi, che sicuramente farebbero molta fatica a tener dietro ad un eventuale rinfocolarsi dei tassi di interesse applicati agli investimenti. Resta invece pressoché invariata la differenza tra il mutuo a tasso variabile e il mutuo con cap, offerto in media a 50 centesimi in più a 20 anni e a 60 centesimi in più a 30 anni. Molti preferiscono mettere il tetto al tasso anche a causa di questa discrepanza davvero minima, ma consigliamo loro di fare attenzione ad un tasso che dietro l’apparenza di una maggiore convenienza può nascondere l’obbligo di sottoscrivere polizze assicurative onerose o altre forme di tutela.