Piano Famiglia: i dati e l’analisi del direttore ABI, Sabatini

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È un bilancio più che positivo quello che il neo-direttore generale dell’ABI, Giovanni Sabatini, può tracciare dopo sei mesi (o poco più) dall’entrata in vigore del Piano Famiglia, quel pacchetto di provvedimenti messi in atto dalle banche per alleviare le conseguenze della crisi economica a carico di quelle famiglie precipitate nel baratro della difficoltà a causa della perdita del portatore di reddito, o per tragici motivi o – più semplicemente e probabilmente – perché questo ha perso il proprio contratto da lavoratore dipendente a causa del fallimento o ridimensionamento dell’azienda per la quale lavorava. Sono state 24mila le famiglie che sin qui hanno chiesto una mano, ottenendola. 3,2 miliardi è invece il dato quantitativo del valore dei mutui effettivamente sospesi per un anno.

“I dati dimostrano che lo strumento realizzato sta funzionando. Dimostrano anche, per fortuna, che molto probabilmente l’area effettiva del disagio è minore di quanto si potesse immaginare: in origine si riteneva che lo sviluppo possibile delle richieste potesse aggirarsi complessivamente intorno alle 90mila. Invece – ipotizza Sabatini in un’intervista a Il Sole 24 Ore –, provando a estrapolare i dati che abbiamo fino al 31 gennaio prossimo, l’ordine di grandezza complessivo appare intorno alle 50mila domande di sospensione. Anche queste cifre rappresentano un ulteriore elemento della solidità di fondo del Paese”.

È altresì stato possibile scendere nel dettaglio, tanto da scoprire un dato che ha destato grande sorpresa: il maggior numero di domande di sospensione del mutuo ammesse è al Nord, con il 58,5%; seguono Sud e Isole con il 22,2% e il Centro con il 19,3 per cento. E dire che, quando si immagina l’Italia, si pensa che il maggior disagio sia al Sud. Fotografia sbagliata? Sabatini ha un’altra teoria: “è vero che il lavoro dipendente è più diffuso al Nord, quindi anche il rischio della su perdita. Però potrebbe esservi (in questi dati, ndr) anche un segnale di quell’esigenza di rafforzare la comunicazione con le famiglie”, probabilmente rimaste – specialmente al Sud – all’oscuro dei contorni dell’iniziativa.