Mutui: cresce in Italia il rischio insolvenze, tassi su

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Vediamoci chiaro. È questo l’invito che devono essersi fatti gli alti responsabili della Banca d’Italia una volta preso atto, al termine della lettura di un accurato studio relativo all’impossibilità (o meno) di onorare il pagamento delle rate del mutuo da parte delle famiglie titolari di questo genere di finanziamento, che è in crescita il numero dei mutuatari che a un certo punto del piano di ammortamento si ritrovano in difficoltà tali da dover rinunciare a completare l’operazione, lasciando l’istituto che ha erogato loro il credito nella condizione di doversi prendere il bene facendolo così finire in portafoglio, dove sarà rivenduto a condizioni evidentemente meno convenienti.

La probabilità che una famiglia smetta di pagare le rate del mutuo in anticipo, senza essere riuscita ad onorarle tutte, è cresciuta di un punto percentuale in Italia. Questo ha portato gli istituti di credito a dover rivedere il tasso di interesse in modo che questo potesse incorporare anche il “nuovo” fattore di rischio, ma ha anche convinto le banche ad una stretta all’ingresso per tutti coloro che intendono accedere al credito: finanziamenti per valori più bassi, richiesta di maggiori garanzie e interessi più elevati. Non nell’ottica, consentiteci di dirlo, di imporre un’altra gabella a risparmiatori già di per se stessi vessati in mille modi, bensì con l’obiettivo di migliorare la qualità del mercato del credito onde evitare che possano verificarsi casi di insolvenza di massa come quelli che hanno trascinato l’Irlanda al tracollo.

In Italia il rischio di credito interessa, secondo l’analisi sul tavolo di Bankitalia, circa una famiglia ogni venti sottoscrittrici di un mutuo: una quota superata solo da quella della Spagna, che infatti si appresta ad entrare nella lista nera dei Paesi meno virtuosi dell’Unione europea. D’altra parte, è vero anche che in Italia sono solo 13 (virgola uno) le famiglie che, su cento, hanno contratto un debito con mutuo per l’acquisto di un’abitazione di proprietà: questo dato rappresenta la metà di quello di Irlanda e Francia, ed è un sintomo della salute della finanza privata nel nostro Paese.